Ogni giorno, nel mondo, 830 donne perdono la vita per complicanze della gravidanza o del parto. Il 99% delle morti avviene nei Paesi in via di sviluppo e nella maggior parte dei casi si tratta di decessi evitabili. Dal 1990 a oggi la mortalità materna nel mondo è scesa del 44%. È tanto, ma c’è ancora molto da fare, considerato che le Nazioni Unite nel 2000 si erano assunte l’impegno di ridurla del 75% entro il 2015.
In questo panorama, l’Italia è uno dei Paesi dove è più sicuro dare alla luce un bimbo, in linea con Francia e Gran Bretagna. “Merito del Servizio sanitario pubblico su cui il nostro Paese ha investito nel tempo per garantire a tutti accesso gratuito a cure mediche di qualità e il diritto alla salute sancito dalla nostra carta costituzionale”, dice Flavia Bustreo, vicedirettore generale per la famiglia, la salute delle donne e dei bambini dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha presentato il Rapporto Globale sulla Mortalità Materna dell’OMS. “Attenzione, però: questo patrimonio va salvaguardato continuando a investire sulla sanità pubblica”.
Il margine per migliorare c’è. Un tempo si stimava che l’Italia fosse il Paese con la più bassa mortalità materna al mondo, pari a 4 decessi ogni 100 mila nati vivi. Da alcuni anni l’Istituto Superiore di Sanità coordina un sistema di sorveglianza attiva che coinvolge otto regioni (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia, Lombardia e Puglia) e copre il 73% dei nati. I dati raccolti da questo sistema hanno evidenziato una media di 10 morti ogni 100 mila nati, comunque al livello delle nazioni occidentali più sviluppate, ma più del doppio di quel che si credeva. “Inoltre hanno rilevato una variabilità significativa tra Regioni: si va dalle 5 morti in Toscana alle 13 in Campania”, osserva Serena Donati, del Reparto salute della donna e dell’età evolutiva dell’ISS.
“E una grande variabilità in funzione del livello socioeconomico e del livello di istruzione delle donne. Ci sono quindi delle diseguaglianze che vanno eliminate. Un sistema di sorveglianza così sensibile è uno strumento prezioso per indagare sulle cause della mortalità materna. Speriamo nei prossimi anni di riuscire a estenderlo anche alle Regioni rimanenti, per avere un quadro dell’intero territorio nazionale”.
Tra le cause di mortalità materna evitabile c’è l’eccessiva medicalizzazione del parto. “Il cesareo è un intervento salvavita quando è indicato”, spiega Donati. “Ma quando si ricorre al bisturi senza indicazione medica, comporta un aumento dei rischi per la salute della donna e del bambino e in Italia l’eccesso di cesarei è un problema serio”.
Maria Cristina Valsecchi