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Sangue cordonale: donarlo o tenerlo per sé?

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New born baby being treated by just after the birth - snip umbilical cord

Un tesoro da non buttare via: sono le cellule staminali di cui è ricco il cordone ombelicale. Utilissime per curare leucemie e malattie del sangue nei bambini e, da qualche anno, anche negli adulti. La raccolta avviene subito dopo la nascita, è indolore e priva di rischi per mamma e bambino. Il sangue cordonale viene raccolto in sacche, conservate in apposite banche che lo forniscono, poi, a chi ne ha bisogno.

Attualmente sono possibili due tipi di donazione: quella solidale e quella dedicata. Con la donazione solidale (detta anche allogenica o eterologa) si regala il sangue affinché venga utilizzato da chiunque nel mondo ne abbia bisogno e sia compatibile. La donazione dedicata è riservata invece ai propri consanguinei, in famiglie in cui ci siano casi di malattie curabili con trapianto di staminali. Entrambi i servizi sono gratuiti, a carico del Sistema Sanitario Nazionale, e le banche pubbliche attive sul territorio italiano sono 19. Vi è poi la possibilità di conservazione autologa: depositare il sangue per uso personale a beneficio del proprio bambino, in caso di eventuale necessità futura. In Italia, però, questa modalità non è prevista: chi vuole può farlo rivolgendosi a banche private estere, a proprie spese, e i costi si aggirano tra i 3.500 e i 5.000 euro per una conservazione decennale, da rinnovare alla scadenza.

In Italia, però, le sacche conservate nelle banche pubbliche sono 35.000, mentre quelle spedite nelle banche estere per un ipotetico uso autologo superano, nonostante gli alti costi, le 60.000. Come si spiega questa differenza?

“Occorre più informazione”, dice Enrico Busato, direttore della Struttura Complessa di Ginecologia e Ostetricia dell’Ospedale di Treviso. “A oggi, grazie alla donazione solidale sono stati fatti 1350 trapianti, e 161 grazie a quella dedicata: la percentuale di utilizzo del sangue cordonale donato per uso solidale è del 75-80%. Per contro, finora non è stato fatto nessun utilizzo del sangue conservato per uso personale, e si calcola che la probabilità di utilizzare il cordone depositato in una banca estera è di 1 su 20.000 nei primi 20 anni di vita, ovvero lo 0,005%. Persino in questo caso rarissimo la probabilità che due fratellini siano compatibili per il trapianto è soltanto 1 su 4”.

Chi se lo può permettere, dunque, crede di investire per il bene futuro del figlio, ma le associazioni scientifiche hanno calcolato che donare il sangue cordonale sia più conveniente che conservarlo per sé, per diversi motivi.

Innanzitutto, la possibilità che sia ancora disponibile in caso di bisogno è molto alta: 95-97%. Ma ancor più importante è il fatto che, affinché il trapianto sia efficace, si devono utilizzare cellule simili ma non identiche a quelle della persona malata: quindi occorre prenderle da un donatore, non dal paziente stesso. Infatti solo cellule compatibili ma diverse sono in grado di riconoscere le cellule malate come estranee e, quindi, distruggerle.

Inoltre, facendo un trapianto autologo, insieme alle proprie cellule il paziente riceverebbe un sistema immunitario che si è già dimostrato inadatto a combattere la malattia, e potrebbe ricevere anche cellule geneticamente “difettose”, con il rischio paradossale di ricomparsa della malattia.

“La donazione di sacche idonee – che contengano cioè un numero di cellule staminali sufficienti – avviene circa nel 20% delle nascite annuali: è un numero che dovrebbe e potrebbe salire, ma ci sono alcuni ostacoli che vanno superati”, riprende Busato. “Anche in questo caso serve più informazione. I genitori devono sapere che esiste questa possibilità, e che va richiesta almeno un mese prima del parto, per avere il tempo di eseguire gli esami necessari a garantire l’idoneità e la sicurezza del sangue donato.

Continua l’esperto: “Vi sono poi difficoltà di tipo organizzativo o logistico: non tutti i ginecologi si ricordano di informare le mamme su questa possibilità, o trovano il tempo per metterla in atto, anche a causa della contemporaneità di più parti (la procedura del parto si allunga di circa un quarto d’ora); non tutti gli ospedali sono situati in vicinanza delle banche raccoglitrici e a volte il trasporto è lungo o impossibile. Ma sono tutti ostacoli che si possono superare”.

Associazioni come Adoces (Associazione Donatori Cellule Staminali) hanno lanciato diverse campagne di sensibilizzazione a riguardo, come “Nati per donare” e Anche noi… nati per donare”.
“C’è molto lavoro da fare ma ne vale la pena, perché si tratta di un atto solidale e privo di rischi per madre e nascituro, che può salvare molte vite umane”, conclude Busato.

Elisabetta Zamberlan


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