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Parto, 10 regole per la scelta dell’ospedale

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Young beautiful woman with a newborn

Hai scoperto da poco che diventerai mamma e già pensi a come accogliere il bambino nel migliore dei modi. C’è una decisione, però, che non dovresti rimandare troppo per il benessere di entrambi: la scelta dell’ospedale in cui farlo nascere. Le offerte assistenziali variano molto da struttura a struttura. Per garantirti un parto in sicurezza e in linea con le tue aspettative, è bene tener conto di tutti i parametri importanti, e non solo della vicinanza a casa. Per individuare il punto nascita che fa per te puoi basarti innanzitutto sulla Carta dei Servizi degli ospedali, ma anche sul passaparola tra mamme e sulle indicazioni riportate da portali come il nuovo www.doveecomemicuro.it, online dal primo febbraio 2016, e www.bollinirosa.it (in cui sono elencate le strutture premiate dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna per la loro attenzione alla salute femminile). Ma quali sono i parametri da tener presente quando si sceglie l’ospedale?

1. Il numero di parti effettuati ogni anno

Questo è uno dei fattori più importanti di cui tener conto. Più elevato è il volume di parti eseguiti in un anno, migliori sono sicurezza e qualità dell’assistenza offerte a mamma e bambino. Meglio evitare, quindi, i piccoli centri che effettuano meno di 500 parti all’anno. L’Accordo Stato-Regioni del 2010 fissa in almeno 1000 nascite all’anno lo standard a cui tendere. Quali sono gli ospedali che offrono migliori garanzie? Secondo www.doveecomemicuro.it, che ha preso in esame 1372 strutture in tutta Italia, tra gli Ospedali più virtuosi per numero di parti ci sono l’Ospedale Sant’Anna (Piemonte), l’Ospedale Maggiore Policlinico (Lombardia) e l’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli (Lazio).

2. La bassa percentuale di parti cesarei

Il basso numero di parti cesarei effettuati in un anno è un altro parametro importante da considerare perché indice di un alto grado di appropriatezza. Troppo spesso, infatti, nel nostro Paese, si ricorre al bisturi in assenza di una vera indicazione. Secondo i dati relativi al 2014 pubblicati recentemente da Agenas, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, un bambino su tre nasce per via chirurgica: a partorire con il cesareo è il 25,7% delle mamme alla prima gravidanza e quasi tutte le donne al secondo figlio che ne hanno già sperimentato uno. Tra gli Ospedali che ricorrono meno all’operazione, secondo il portale www.doveecomemicuro.it, ci sono: l’Ospedale Vittorio Emanuele III (Lombardia), l’Ospedale di Palmanova (Friuli Venezia Giulia) e il Presidio Ospedaliero Alessandro Manzoni (Lombardia). I tre presidi ospedalieri più virtuosi sia per volume di parti che per bassa percentuale di parti cesarei invece sono: l’Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi (Lombardia), la Fondazione MB per il Bambino e la sua Mamma (Lombardia) e il Nuovo Ospedale di Prato Santo Stefano (Toscana).

3. Il livello del punto nascita se la gravidanza è a rischio

Se la gravidanza è gemellare o plurigemellare o in presenza di complicanze (diabete, eccessivo aumento di peso, pressione troppo alta, ecc.) è bene affidarsi a una struttura dove sia presente una Unità di Terapia Intensiva Neonatale. “Oggi si chiamano Centri di II livello, e non più di III livello, perché l’accordo Stato-Regioni del 16 dicembre 2010 ha ridotto a due i tre precedenti livelli assistenziali. Va detto però che, ancora oggi, si parla spesso di Centri di I, II e III terzo livello”, spiega Mauro Stronati, Presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN).
“Nei centri di I livello si accolgono gravidanze dalla trentaquattresima settimana di gestazione che non richiedano interventi di grado tecnologico e assistenziale elevato (di competenza invece dei Centri di II livello). Quanto al numero di parti, nel I livello se ne effettuano circa 500-1000 l’anno. Un numero superiore a 1000, però, non determina automaticamente il cambio di livello: la presenza o meno di una Terapia Intensiva Neonatale, infatti, dipende dal bacino d’utenza di un determinato territorio (cioè dal numero di nascite in un certo territorio che fa riferimento a quel centro) e non dal numero di parti effettuati dalla struttura”, spiega l’esperto.
Se non ci sono fattori di rischio, insomma, si può partorire in un qualsiasi ospedale che offra una buona assistenza ostetrica e neonatale. “L’importante è poter contare sempre sul cosiddetto ‘trasporto in utero’, cioè la possibilità di trasferire immediatamente la donna in caso di necessità in un centro di II livello. Inoltre, si deve poter disporre di un servizio di trasporto neonatale (STEN) in modo tale che, in caso di improvvise e imprevedibili complicazioni, il neonato possa essere portato senza problemi in un centro adeguatamente attrezzato”, continua Mauro Stronati.
“In presenza di fattori di rischio, invece, è bene puntare subito su una struttura dove sia presente la Terapia Intensiva Neonatale per far fronte immediatamente a qualsiasi urgenza”, continua l’esperto. “Se è vero, infatti, e non va dimenticato, che il parto è un fatto fisiologico, è pur vero che bisogna sempre tener presente che si possono verificare situazioni impreviste”.

4. La possibilità di accedere alla parto-analgesia 24 ore su 24

Altro elemento di cui tener conto è l’opportunità di ricorrere all’analgesia epidurale, cioè la tecnica farmacologica più efficace nel controllo del dolore da parto. Si tratta una prestazione che dovrebbe spettare di diritto a tutte le donne in travaglio, essendo inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) dal 2008. La sua diffusione, però, continua a essere a macchia di leopardo, con dati incerti e servizi organizzati in maniera differente da una Regione all’altra, secondo quanto fa sapere la Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti). “Il problema non è culturale, ma organizzativo e di mancanza di risorse. Dove viene offerta gratuitamente, la richiesta da parte delle donne aumenta rapidamente”, dice Ida Salvo, direttore Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale dei Bambini Buzzi di Milano. Un elenco controllato degli ospedali che garantiscono la partoanalgesia gratuita 24 ore su 24, 7 giorni su 7 è presente sul portale www.bollinirosa.it, che ha mappato gli ospedali attenti alle esigenze delle donne.

5. La libertà di scegliere la posizione in cui partorire

Un altro fattore da considerare, che sta a cuore a moltissime donne, è la possibilità di optare per il cosiddetto “parto attivo”. È una modalità che consente alla futura mamma di partorire come meglio crede: non per forza sdraiata sul letto, ma in piedi, sdraiata su un fianco, accovacciata o appoggiata al proprio compagno. Molti ospedali sono predisposti per questo tipo di parto e mettono anche a disposizione strumenti che lo agevolano: dalla spalliera allo sgabello olandese, da speciali lettini ribassati a materassini, e così via.

6. L’opportunità di conservare per sé o donare le cellule del cordone ombelicale

Non tutti gli ospedali sono attrezzati per la raccolta. La scelta dell’ospedale, quindi, deve tener conto anche di questo aspetto. Secondo i registri internazionali, nel 2014 i campioni di staminali cordonali conservati nel mondo, donati, raccolti e conservati per uso autologo o per la cura di un familiare erano oltre 610 mila, un dato che potrebbe essere molto più alto. In Italia, oltre il 95% dei cordoni (utili ad esempio nei casi di leucemia) viene gettato come rifiuto speciale. Una lista dei punti nascita in cui è possibile conservare le cellule del cordone e tutte le informazioni per donare sono disponibili sul sito del Centro Nazionale Sangue www.centronazionalesangue.it.

7. La possibilità di avere accanto a sé il proprio compagno

La presenza del futuro papà in sala parto fa sentire la donna protetta, consente alla coppia di condividere un’esperienza emozionante e favorisce il legame tra padre e figlio. Se si desidera avere accanto a sé il proprio partner, però, è meglio assicurarsi prima che l’ospedale lo consenta.

8. L’opportunità di tenere in camera con sé il bambino dopo il parto (rooming-in)

Le prime ore e i primissimi giorni di vita possono incidere sul buon avvio dell’allattamento al seno e sulla formazione del legame di attaccamento mamma-bambino. Malgrado i vantaggi provati scientificamente, la pratica del rooming-in non è sempre concessa. Non in tutti gli ospedali, poi, vengono favoriti il contatto pelle a pelle e l’attacco precoce al seno in sala parto. Al momento di scegliere la struttura giusta, quindi, è bene tenerne conto.

9. La promozione dell’allattamento al seno subito dopo la nascita

Che in ospedale venga concesso il rooming-in o no, un altro fattore da considerare è l’attenzione per l’allattamento al seno. La mamma dovrebbe essere sostenuta dalle ostetriche del punto nascita durante le delicate fasi di avvio. È importante che esse verifichino che l’attacco sia corretto in modo da prevenire l’insorgenza futura di ragadi (piccoli dolorosi taglietti sul capezzolo).

10. La possibilità di frequentare il corso preparto organizzato dall’ospedale

I diversi parametri da considerare nella scelta della struttura (la possibilità di accedere all’epidurale 24 ore su 24, il rooming-in, l’attenzione per l’allattamento al seno, l’opportunità di conservare il cordone, la libertà di avere il partner accanto) possono essere indagati anche durante il corso preparto organizzato dall’ospedale. Iscriversi può quindi essere un modo per acquisire informazioni e per conoscere gli operatori. In generale, comunque, queste lezioni sono preziose perché forniscono indicazioni utili per l’accudimento del bambino, consentono di confrontarsi con altre donne e aiutano a ridurre ansie e paure. Meglio affrettarsi, però, perché in genere i posti si esauriscono in fretta.

Michela Crippa


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